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sabato 18 giugno 2011

L'interfaccia

Un'interfaccia è un dispositivo che consente di mettere in comunicazione due (o più) strumenti e ai quali consente di dialogare tra loro e scambiarsi informazioni. Una peculiarità dell'interfaccia è che possiede una connessione standard, ovvero accettata da un nutrito gruppo di fruitori, come una nazione, un continente o il mondo intero.
L'interfaccia consente il dialogo tra dispositivi che possiedono linguaggi di comunicazione privati, non standard, mediante l'utilizzo di un linguaggio standard.
Nel concreto, per esempio, abbiamo a che fare con un'interfaccia quando colleghiamo il mouse al computer tramite la porta USB. La porta USB del computer è l'interfaccia.
Allo stesso modo sono collegati tramite un'interfaccia il televisore e il lettore DVD (le interfacce sono le prese SCART), come pure il cellulare e la presa della corrente elettrica (l'interfaccia è la presa sul cellulare). Queste coppie di dispositivi si scambiano informazioni, sotto forma di segnali digitali o analogici.
In alcuni casi l'interfaccia consente una comunicazione unidirezionale (per esempio solo dal televisore verso il lettore DVD), in altri la comunicazione è bidirezionale (come per il mouse e il computer: quest'ultimo fornisce la corrente elettrica al mouse, ed il mouse, quando si muove, invia i segnali di movimento al computer).


Ecco a me piace pensare al mio corpo come a un'interfaccia.
Da una parte e dell'altra della mia interfaccia corporea però, non vi sono un computer e un mouse, né un televisore e un lettore DVD, e nemmeno un cellulare e la presa della corrente elettrica. Da una parte del mio corpo c'è il mio spirito, mentre dall'altra c'è il mondo materiale.


Il corpo trovandosi in mezzo tra spirito e materia è influenzabile da entrambi.
Questo significa che un problema spirituale che mi porto dietro da una o più vite si può somatizzare, ovvero può rendersi evidente mediante un sintomo sul mio corpo. Il sintomo è semplicemente un segnale, ma se ignorato a lungo può cronicizzarsi e instaurarsi nell'organismo come una ferita, un qualcosa di cronico.
D'altra parte anche la materia può generare malattie (sintomi) se non si segue uno stile di vita adatto alla psico-fisiologia di un essere umano, basti pensare ai sintomi (malattie) che possono essere causati da una cattiva alimentazione.

Per quanto detto quindi, la psicosomatica non dovrebbe essere considerata sempre solo come una comunicazione che va dallo spirito al corpo, ma anche viceversa, risultando bidirezionale. Si tende invece a parlare di psicosomatica solo quando i problemi spirituali si somatizzano nel fisico, ma raramente si parla dell'influenza che la salute fisica può avere su mente e spirito.

Per via di questa comunicazione bidirezionale dell'interfaccia, la nostra guarigione fisica può avere luogo sia curando lo stile di vita (alimentazione, stress, inquinamento, etc.), sia curando una problematica spirituale.
La soluzione migliore è quella di operare da entrambe le parti contemporaneamente. In questo modo l'effetto curativo sarà aumentato e diventeremo più consapevoli su molteplici aspetti della nostra vita.
Per esempio dal lato spirituale potremmo capire meglio chi siamo e quali problemi portiamo dentro; quali sono le situazioni che ci fanno provare emozioni sgradevoli (nelle relazioni con i genitori, col proprio partner o con il datore di lavoro). In breve acutizzeremo la nostra capacità di autoanalisi e in alcuni momenti potremmo non identificarci come il nostro corpo, ma come un'anima che guida il corpo.
Dal punto di vista materiale potremmo beneficiare di un'alimentazione più semplice e frugale, sentendoci più in forza e più leggeri. Col tempo ci sentiremo meno dipendenti dai cibi industriali.

Il bello di tutto questo è che i cambiamenti a livello materiale influenzeranno la capacità di lavorare sui nostri problemi emotivi, e a loro volta l'acquisizione della consapevolezza dei nostri problemi ci renderà più semplice risolvere le questioni materiali.
Diciamo quindi che è un circolo vizioso ma positivo.
Come spesso accade però, la pratica può essere più difficile della teoria. Soprattutto perché dobbiamo scontrarci con il nostro ego, che tenterà di tenerci ancorati a tutto ciò che fornisce sicurezza, quindi alle abitudini e ai comportamenti consolidati in tutta la nostra vita.
E anche qui si genera un circolo vizioso, ma negativo. Più si induce a rimanere ancorati e più avremo voglia di rimanere nelle nostre abitudini malsane.

Quindi se siamo in un momento in cui vogliamo cambiare ma non ci riusciamo, dobbiamo metterci quanta più forza di volontà possibile per innescare il cambiamento. All'inizio sarà dura, ma giorno dopo giorno diventerà tutto più semplice.
E allora forza! Tutti a lavorare sulla nostra interfaccia!

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