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giovedì 13 dicembre 2012

I vaccini veterinari causano problemi ben documentabili

di Lorenzo Acerra

Buongiorno, sono Lorenzo Acerra, i gruppi di animali vaccinati sono nettamente più ammalati di animali mai vaccinati, come si spiega? Forse che i produttori di vaccini hanno cercato e usato tutta l'autorità che potevano mettere in gioco per avallare la loro ottica del guadagno? Forse che, come al solito, nel mercato del vendibile agli animali domestici finiscono/sono finiti tutto il peggio degli scarti? Forse che possiamo dare la colpa ai veterinari indottrinati da un'università e un sistema di gratifica "particolari", dove la ruota gira solo con il denaro e il consenso dei produttori di schifezze?

No, questa volta non si tratta di niente di tutto questo. Si tratta invece del fatto che il sistema immunitario degli animali è più facilmente scardinabile di quello degli esseri umani e quindi i danni sono più trasparenti e la logica dei vaccini viene immediatamente sbugiardata.

Nel 2004 stavo 12 ore al giorno al computer su MEDLINE, perché mi accorsi che potevo accedere alle pubblicazioni scientifiche online e ad un certo punto decisi che volevo capire come facesse la scienza a dire che le cavie su cui si facevano gli studi "sperimentali" avessero veramente la stessa identica malattia di cui loro stavano cercando la cura farmacologica per noi umani! La scienza creava e crea gruppi di cavie con malattie secondo i bisogni della sperimentazione farmaceutica: topi, conigli e anche cani con artriti, mal di testa, dermatiti, tiroiditi etc. Dunque come fanno ad avere questi esserini ammalati a comando? Si devono mettere ad allevarne 1000 per averne 100 di malati? Oppure ne coltivano 100 per averne 100 malati (che è economico dal punto di vista del datore di lavoro)?

È un aspetto che è stato studiato ovviamente, ma nell'ombra: esiste il tecnologo che sa che deve recapitare delle cavie ammalate. Levine nel 1975 spiegava che l'uso simultaneo di vaccino della pertosse e di adiuvante di Freund (molecole antigeniche, molte delle quali presenti nei vaccini) era moderatamente ma non consistentemente efficace nel produrre encefalomielite autoimmune. Caspary nel 1977 avanzava altre osservazioni che sembravano la prova inconfutabile del potenziale patologico dei vaccini: "La severità clinica dell'encefalomielite autoimmune nelle cavie è aumentata dal pre-trattamento con il vaccino del cimurro, del morbillo e della tubercolosi. Il vaccino per il morbillo stimola un inizio più grave della malattia. L'aggiunta della vaccinazione della rosolia porta ad una leggera forma della malattia che riappare clinicamente se si rifà uso dell'appropriato vaccino" (...!!!!).

Questa pratica del far ammalare gli animali in modo scientifico prendeva spunto da un modello teorico di malattia valutato negli anni Trenta anche grazie ai notevoli contributi di medici italiani: nelle malattie cronico-degenerative esistono elementi anticorpali che si fissano su determinati organi e che solo nel tempo, o con l'invecchiamento magari, causano una flogosi iperergica, che si riacutizza ogni qual volta vi è una successiva immissione in circolo anche di piccole quantità dei medesimi elementi anticorpali.

Dovete sapere che in molte malattie cronico-degenerative c'è una diminuzione delle funzioni Th1 e un aumento di quelle Th2, dove il primo in una metafora potrebbe essere l'accoglienza, la gestione e il processo di metabolizzazione e smaltimento del cibo, mentre Th2 non sarebbe altro che la memoria che il cervello ha di quel cibo.

L'accoglienza e la gestione dei virus e delle informazioni ambientali ha la sua sede principale nell'immunità delle mucose (il Th1), che invece con le vaccinazioni non solo viene bypassata, ma viene pesantemente bastonata e soppressa. Peccato che lo sviluppo del braccio Th2 a scapito di quello Th1 significhi ogni sorta di allergia, infiammazione cronica e malattia cronica degenerativa.

Zironi (1999) diceva che un vaccino diminuiva l'immunità mediata da linfociti (Th1) del 50%, due vaccini insieme del 70%. Sono disponibili numerosi dati che mostrano che rinite allergica, asma bronchiale allergica, dermatite atopica, rappresentano il risultato di una risposta Th2 nei confronti di antigeni ambientali innocui (allergeni).

Quando uno si aspetta danni solo dal virus allora non ha detto tutto. I vaccini fanno ammalare non solo perché i loro adiuvanti tossici disarmano il sistema genetico che previene le malattie e le infiammazioni, ma anche perché spostano l'equilibrio Th1/Th2 sempre più verso la predominanza di Th2.

Negli anni Trenta non si riusciva a capire perché la setticemia desse risultati così variabili e soprattutto solo in certi casi si rivelasse pericolosa e fatale. Una volta postosi il problema e fatte indagini sul sangue e il sistema immunitario, i vari padri della medicina clinica italiana (a Roma il prof. Cesare Frugoni, a Firenze il prof. Antonio Lunedei, a Sassari il prof. Flaviano Magrassi, a Bologna il prof. Domenico Campanacci, a Siena Albanese) arrivarono alle conclusioni che la malattia ha bisogno dello sballo del sistema immunitario nel senso Th2. Credettero in questo modello anche i famosi Virgilio Chini e Mario Lusena, per non dire poi anche i professori della Clinica di Chirurgia dell'Università di Torino Mario Donati e Ferdinando Micheli, che nel 1929 ad Acqui Terme (AL) avevano fondato il primo istituto italiano unicamente dedicato alla terapia focale delle malattie reumatiche. La situazione di predominanza di Th2 e di depressione del Th1 favorisce lo sviluppo d'infezioni virali croniche subcliniche, che poi negli anni portano antigeni al sistema e quindi il pendio delle malattie cronico-degenerative più diverse.

Questi mediatori Th2 in eccesso (per semplicità facciamo riferimento alla ben nota e verificata teoria degli immuno-complessi) colonizzerebbero gli organi target (che possiamo pensare come il punto di minor resistenza), suscitandovi nel tempo una flogosi iperergica pronta a riacutizzarsi ogni volta che c'è una esposizione tossica o un abbassamento della capacità del braccio Th1 del sistema immunitario. Ovviamente è molto complicato nello specifico seguire l'evoluzione e i tempi di latenza di questo lento ammalarsi causato dai vaccini, ma nei due mesi successivi alle vaccinazioni c'è una depressione di Th1 che dà luogo all'inizio di molte malattie.

Ora questa è una cosa che è stata comunicata da uno studio sulle vaccinazioni animali organizzato dal Canine Health Concern. Con il permesso dell'autrice, Catherine O'Driscoll, ho messo su internet il prologo del libro. Leggerete la storia di una donna che si è dedicata con grande determinazione alla ricerca e dimostrazione dei danni subiti da vaccini dai suoi amici cani. "Shock al sistema!" è una straordinaria guida che, partendo dalla dolente questione dei danni da ipervaccinazione agli animali, si addentra nel sistema industriale, economico, medico e governativo che sta alla base dell’attuale modello di prevenzione e gestione della salute per cani, gatti e cavalli.

Il prologo di "Shock al sistema" 2011: http://fintatolleranza.blogspot.de/2012/12/lindustria-dei-vaccini-rappresenta.html

La letteratura scientifica dei danni da vaccino: http://www.meteorivierapicena.net/vaccini_razioniavverse.htm


fonte: youtube.com/user/mercuriocarretta


Il mio articolo continua qui con altri esempi, sperando che quelli che si devono annoiare mi perdonino e quelli che vogliono capire preventivamente siano più numerosi di quelli che si sono risvegliati alla realtà dei fatti per una tragedia.

Levine scriveva nel 1991 che fino ad alcuni anni prima il vaccino pertossico era stato ritenuto indispensabile per creare patologie autoimmuni in cavie, mentre ora l’intensità della stimolazione immunologica poteva essere modulata in un ampio range, a seconda della scelta e combinazione di adiuvanti, vaccini e altre sostanze inoculate.

Inoculando cuccioli sani con una serie di vaccini comunemente usati sui cani, poteva verificarsi la formazione di una serie di autoanticorpi, senza che nella media a livello clinico fosse ancora possibile osservare una patologia autoimmune (Shoenfeld, 2000). Ciò è stato verificato anche dallo studio Purdue (1999).

Attraverso l’iper-immunizzazione (cioè ripetendo le vaccinazioni varie volte) poteva essere indotta in topi o conigli la manifestazione clinica dell’autoimmunità della tiroide (Kaithamana, 1999) o dei muscoli, citoplasma, miocardio (Zablocki 1966). La rassegna della letteratura medica va avanti così: «l’uso di una vaccinazione XYW può essere moderatamente ma non consistentemente efficace nel produrre encefalomielite», oppure «l’uso di vaccino YY e ZZ insieme ..».

Se c’è una condizione patologica di fondo, questa è particolarmente suscettibile di peggioramenti dopo la vaccinazione. «Segnalazioni di diversi medici, tra cui un eminente reumatologo australiano, insistono che ai pazienti colpiti da artrite infiammatoria non dovrebbe essere somministrato il vaccino antinfluenzale a causa della sua potenzialità di aggravarne le condizioni» (Australian Doctor del 18 giugno 1993).

Secondo Tarkowski (1985) «la produzione di fattore reumatoide in seguito alla vaccinazione sull’uomo rappresenta un evento fisiologico che potrebbe essere scatenato da immuno-complessi IgG eredità della vaccinazione». Studi di follow-up su umani hanno dimostrato un aumento del fattore reumatoide (immunocomplessi) a seguito di vaccinazione col tossoide del tetano (Welch 1983, Levinson 1988). Nelle parole di Procaccia (1983), che ha monitorato il fattore reumatoide ed altri autoanticorpi in giovani militari di leva in seguito alla vaccinazione antitifo e antitetanica, «i risultati rivelano una risposta autoimmune subclinica, concomitante alla sensibilizzazione specifica derivante dalla vaccinazione» (Procaccia, 1983).

Kostinov (1991) riporta che un’elevata percentuale di bambini già atopici nel periodo post-vaccinale presentano un aumento dei livelli di IgE e concomitante aggravamento della propria malattia allergica (il 17.8% dei casi!). È evidente dai dati sull’essere umano che le vaccinazioni producono un aumento della tendenza alle allergie. Relativamente a 1265 bambini nati nel 1977, l’indagine di Kemp pubblicata su Epidemiology (1997) ha messo a confronto quelli vaccinati e quelli che non lo erano stati. Le conclusioni dello studio furono che coloro che non avevano ricevuto i vaccini DTP e polio non sviluppavano asma o malattie allergiche. Tra quelli vaccinati, invece, il 23,1% ha manifestato nel tempo (10 anni fu il lasso di tempo considerato) leggeri episodi asmatici, il 22,5% ha dovuto consultare il medico rispetto a crisi di asma e il 30,0% vi è ricorso invece per la comparsa di malattie di tipo allergico.

I vaccini per uso umano sono dosati in modo che, iniettati nella cavità addominale di giovani topi, l’osservatore per un certo periodo di tempo non registri notevoli perdite di peso del topo (!!). Questa la definizione di vaccino sicuro. Questo vaccino viene somministrato ugualmente a ragazzi o bimbi piccoli, a neonati nati prematuramente o agli altri, a neonati con familiarità per reazioni allergiche o anche neonati che hanno reagito non tanto bene a precedenti iniezioni.

Pat Bradley, veterinario a Conway, USA, dice: "I problemi più comuni che ho potuto verificare essere correlati direttamente ai vaccini sono patologie della pelle quali eruzioni croniche o prurito. Vedo anche problemi comportamentali come paura o aggressione. Spesso i padroni riportano che ciò inizia subito dopo la vaccinazione e che tali sintomi si inaspriscono dopo ogni vaccinazione".

L’assenza di patologie acute non significa atossicità: Weston Price dimostrava già nel 1920 che questi animali uscivano dalle inoculazioni di vaccini normali ma indeboliti, cioè meno resistenti di quelli non vaccinati agli eventi stressori successivi in età adulta. O con prole meno resistente: “Science et vie” segnalava, nel maggio 1960, che vaccinando le cavie con tutti i vaccini allora obbligatori, un biologo aveva provocato maggiori incidenze di leucemia nella loro discendenza.

In conclusione, gli intrugli dei vaccini, inoculati, sono un sistema per piegare prima un organismo alla malattia, che di solito arriva come una bomba ad orologeria davanti ad eventi nocivi della vita. Le suscettibilità degli individui per "slatentizzarsi", ovvero iniziare il tormentato percorso, ha bisogno di intrugli tossici o equivalenti! E diventano allora: encefaliti, epilessia, intolleranze alimentari, etc. etc..

L’iperattivazione immunitaria a seguito di iniezioni di vaccini spiega anche perché resoconti delle prime epidemie nazionali di raffreddore da fieno siano stati raccolti in Inghilterra (in concomitanza con le prime campagne di vaccinazioni). Il sospetto che la predisposizione alle allergie sia data dalle vaccinazioni coincide, sin nel minimo dettaglio, a tre livelli: temporale, geografico e sociologico. Nel 1907 Sticker poté dimostrare che la pollinosi nella popolazione rurale era piuttosto rara, ma al contrario molto più frequente nella popolazione cittadina e soprattutto nei ceti privilegiati. La malattia cioè si espandeva di più dove si vaccinava di più e non dove c’era la maggior parte del polline.

Scriveva Joquelin (1955) «L’ultima vaccinazione antivaiolosa ha provocato spinte evolutive indiscutibili in tubercolotici».


Secondo Fernand Delarue anche l’antipolio poteva essere additata quale causa di affezioni dell’apparato respiratorio e ne riportava le ipotesi di studio allora disponibili (Delarue 1979).

Il tedesco Petov (1930) dimostrò, usando dati statistici, una correlazione tra aumento di pollinosi e la seconda antivaiolosa che allora veniva effettuata a 12 anni.

Scienziati giapponesi (del Dipartimento di Pediatria dell’ospedale di Tokyo) hanno prodotto un’altra ricerca in cui dimostrano che la somministrazione di vaccini DTP (difterite-tetano-pertosse) provoca nella maggior parte degli inoculati una slatentizzazione (bomba ad orologeria patologica) di reazioni allergiche e asmatiche. Lo studio su 143 bambini residenti nell’isola di Kodushima, suddivisi tra chi aveva ricevuto l’inoculazione di un vaccino DTP e chi invece non l’aveva ricevuto, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Aerugi nel luglio del 2000. Tra i non vaccinati la percentuale di bambini che hanno in seguito sviluppato asma è stata del 2,3% e ossia significativamente inferiore alla percentuale invece di sintomi asmatici manifestatisi tra i vaccinati che è arrivata al 26,5%.

Anche per quanto riguarda la dermatite atopica si sono avuti significative differenze tra i due gruppi in quanto a tassi di incidenza. Tra i non vaccinati si è avuta dermatite atopica nel 2,3% dei casi mentre tra i vaccinati nel 18% degli stessi. La conclusione dello studio stabilisce che il vaccino DTP induce disordini atopici (anche riniti) e quindi l’insorgere o l’aggravarsi di allergie (Yoneyama 2000).

Uno studio del 1997 ha confrontato un gruppo di bambini vaccinati (difterite-tetano-pertosse + polio) con un gruppo di bambini non vaccinati: mentre i non vaccinati non avevano avuto episodi di asma, il 23,1% dei bambini vaccinati avevano sofferto di asma ed il 30% di altre patologie allergiche (Kemp, 1997). Lo stesso risulta da uno studio della durata di 10 anni del dr Julian Hopkin, su 2000 bambini.

Inoltre, secondo lo svizzero Muhlemann (1996), la vaccinazione neonatale Emophilus (Hib) fa aumentare i casi di asma ed allergie nei bambini vaccinati. Asma bronchiale e altre sindromi allergiche postvaccinazioni sono segnalate da Reizis (1987) e Goldman (1966).

Il contenuto tossico, allergizzante e immuno-tossico delle vaccinazioni non è irrilevante. La “Previdenza Malattia” della Loira Atlantica, che aveva pensato di allargare il privilegio della vaccinazione gratuita ad alcune fasce di popolazione anziana, PERCHÉ poi cambiò idea dopo la fase I, dopo aver ricevuto i risultati che riguardavano 43.000 assicurati sessantenni? Si constatò che nel periodo dopo la vaccinazione queste persone costavano più care che mai alla Sanità (fonti: “Libération” dell’ 11 ott. 1994, “L’Impazient” del giugno 1996). Per cui, davanti a dati netti, la logica e la tasca fecero loro cancellare il programma.

Una conferma di effetti nefasti sui grandi numeri ci viene dal prof. Hugh Fudenberg, leader mondiale in immunogenetica, che ci dice che, se un anziano aveva avuto cinque vaccinazione influenzali tra il 1970 e il 1980, le sue probabilità di sviluppare il morbo di Alzheimer erano 10 volte superiori rispetto al caso che egli avesse avuto una, due o nessuna vaccinazione antiinfluenzale.

Ovviamente i danni acuti si osservano con maggiore frequenza a dosi maggiori e ripetute, o quando l’organismo parte già indebolito. Conigli ipervaccinati sviluppavano autoanticorpi con affinità per diversi tessuti (muscoli, citoplasma e miocardico) e proteine esogene (Onica 1977). La stessa cosa era stata dimostrata per i polli iper-vaccinati (Luster, 1976).



3 commenti:

  1. Felice per essere arrivata in fondo all'articolo, vorrei tornare indietro all'età di tre anni e urlare nell'orecchio di mia mamma di non farmi fare i vaccini. Così forse avrei evitato 37 anni di antistaminici.
    Pss! Però ora dopo due anni di no-carne e no-latte e tanta informazione alternativa mi sto pian piano riprendendo la mia rivincita.
    Continua così Epineo!

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    Risposte
    1. Da un lato anche io vorrei poter fare come te (credo siamo della stessa classe tra l'altro), però devo dire che senza i mille protocolli pro-malattia del Sistema non mi sarei ammalato e non avrei poi aperto gli occhi. Credo di essere cresciuto molto grazie ai momenti di difficoltà.
      Il Sistema quindi pensava di metterci in ginocchio e invece ci ha potenziati. Oggi siamo molto più consapevoli. Forse siamo ancora anomalie gestite dal Sistema (come in Matrix II) ma certo non facciamo dormire notti tranquille ai padroni del Sistema. E vedremo come andrà finire ;)

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    2. E scusami Spiru,ti ho risposto ma ho dimenticato di salutarti: ciao Spiru!! :D

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