Relativamente alle ricerche sui vaccini effettuate dal Dott. Stefano Montanari e dalla moglie Dott.ssa Antonietta M. Gatti, di seguito riporto una video intervista che riassume la situazione.
La dottoressa
Antonietta M. Gatti andrà
a ritirarlo in Cina, a Chengdu, l’importante riconoscimento
assegnatole della International Union of Societies for Biomaterials
Science and Engineering. Se in Italia lei e il marito
Stefano
Montanari si sono visti creare un inspiegabile cordone sanitario
intorno alle loro ricerche sulle nanopatologie, gli scienziati di
mezzo mondo (sia dell’UE che da Canada, USA, Cina, Giappone, Corea,
India, Australia) hanno deciso di premiare il suo contributo nel
campo delle Scienze dei Biomateriali e di Ingegneria nominandola
Fellow dello IUSBSE (fonte:
http://www.affaritaliani.it/emilia-romagna/nanoparticelle-premio-internazionale-il-duo-gatti-montanari-ai-vertici040612.html).
I due scienziati sono stati ritenuti
fra i 32 scienziati più importanti al mondo, questo articolo è molto
delicato, l’intervista al Dott. Stefano Montanari rivelerà fatti
sconvolgenti.
Se lo si sa fare, una delle tecniche
per ottenere successo è spararle grosse. Ma talmente grosse da far
pensare che nessuno direbbe enormità del genere se non esistesse un
fondamento. E quel fondamento è talmente profondo – dove
l’aggettivo profondo significa sia arcano sia culturalmente
ineccepibile, ma talmente complesso da essere appannaggio solo di
pochi – che lo si prende per scontato come atto di fede.
I vaccini costituiscono una fetta
importante nel business delle aziende farmaceutiche, il che significa
muovere quantità di denaro impensabili per l’Uomo Qualunque, e
questo giustifica il ricorso alla tecnica di cui sopra. Così,
vaccini santi per molti, diavoli per pochi. Informazione in
proposito? Poca. Anzi, pochissima.
Ma, al di là di discussioni di parte,
che cosa sappiamo dei vaccini?
Sappiamo che, come tutti i farmaci, i
vaccini non arrivano a bersaglio nella totalità dei casi. Anzi, a
volte il conteggio dei bersagli centrati è più legato ai criteri di
giudizio adottati che non ad una fredda oggettività. E che una
vaccinazione sia meno efficace nel proteggere dalla malattia di
quanto non sia l’aver contratto naturalmente la malattia stessa
divenendone poi davvero immuni è provato dalla necessità di
sottoporsi ai cosiddetti richiami e da chi si ammala a dispetto della
vaccinazione eseguita.
Sappiamo pure che l’immunità
parziale verso alcune malattie come, ad esempio, il morbillo, che
veniva trasmessa da madre a figlio non esiste più se la madre non ha
contratto naturalmente a sua volta la patologia ma per la patologia è
stata vaccinata.
Ancora – ed è scritto nei vecchi
testi d’immunologia – sappiamo che
un vaccino non può essere
efficace se lo si somministra ad un neonato, questo semplicemente
perché il suo sistema immunitario è ancora immaturo e, perciò, è
incapace di fare ciò che gli si chiede. Se poi, in aggiunta, di
vaccini gli se ne iniettano sei in un colpo solo come, pur
illegalmente, si fa in Italia, qualche perplessità ulteriore non può
che sorgere. La stessa perplessità vale anche per le vaccinazioni
praticate ai militari: una caterva a raffiche e, per di più – ma
come, peraltro, è prassi comune – senza che nessuno si accerti
della capacità di quell’organismo particolare di tollerare quella
particolare sorta di bombardamento. Il paziente è già immune ad una
o ad alcune di quelle malattie? Al momento delle vaccinazioni è
nelle condizioni di reagire senza danni? Ha problemi di allergia nei
riguardi di uno o più componenti di quei farmaci?
È informato, come
prevede la legge, di ciò che sta subendo? Pare che nessuno si ponga
nemmeno le domande, e di domande ce ne sarebbe pure una certa lista
ulteriore.
Proseguendo, sappiamo che quasi non
passa giorno senza che un vaccino nuovo sia messo in commercio. Ormai
restano da coprire solo patologie come l’erre moscia e l’alitosi,
perché le industrie si sono scatenate ad inventare immunizzazioni
contro qualunque affezione, grave o lieve che sia, vera o frutto di
fantasia. Lungi da me l’intenzione di criticare la pena che si
prende Big Pharma per non farci ammalare più, ma la buona pratica
farmacologica impone tempi di sperimentazione, popolazioni cavia e
popolazioni di confronto che poco o nulla hanno a che fare con quanto
è l’uso corrente. Per rendersi conto se un vaccino possiede
davvero qualche efficacia occorre lavorare per molti anni, spesso
decenni, su un numero molto elevato di persone, e questo oggi non si
fa perché l’esigenza aziendale è quella di far rendere in fretta
il prodotto. Purtroppo, però, i tempi biologici non tengono conto
delle esigenze di business e, dunque, quasi nessuno tra i vaccini
recenti può pretendere una qualunque credibilità. E ho scritto
“quasi” per buonismo.
È opinione corrente e radicata che la
pratica vaccinale abbia debellato o, quanto meno, ridotto di
parecchio l’incidenza di molte malattie. In realtà, andando a
consultare le statistiche nel tempo di morbosità e di mortalità,
cioè il rapporto tra i soggetti ammalati o, rispettivamente, morti
di una determinata malattia e quelli sani in una popolazione, si vede
che
la diminuzione della frequenza con cui ci si ammalava o si moriva
era in calo ben prima che venisse introdotto il vaccino specifico e
l’introduzione non dimostra alcuna particolare incidenza. In alcuni
casi l’introduzione del vaccino coincide addirittura con un
rallentamento nel calo della frequenza della morbosità e della
mortalità. Di fatto l’andamento di quelle patologie pare dipendere
dalle condizioni igieniche (in ogni senso) e non da altro.
Come è per tutti i medicinali, anche i
vaccini devono assumere una forma farmaceutica. Devono, cioè, essere
nelle condizioni di agire con efficacia ma anche di avere una vita di
scaffale sufficientemente lunga. Insomma, devono scadere il più
tardi possibile per ovvi motivi pratici ed economici. Così al
principio attivo si aggiunge un po’ di tutto, dai cosiddetti
adiuvanti, vale a dire sostanze che “vivacizzano” la risposta
immunitaria, a sostanze che rendono relativamente stabile e duraturo
il prodotto. Oltre a queste, il vaccino contiene non pochi residui
della lavorazione, residui che possono essere spezzoni di DNA,
frazioni di sangue, cellule, proteine e quant’altro.
Degli effetti di ciò che viene
aggiunto o di quanto resta nel farmaco sappiamo ben poco. Anzi, a
dire il vero, non sappiamo quasi nulla. S’incrociano le dita e si
spera di non fare guai vistosi. A questo proposito vorrei ricordare a
tutti e, soprattutto, mi permetto di farlo ai pochissimi medici che,
eventualmente, mi leggono, che tutti i farmaci, nessuno escluso,
hanno effetti collaterali noti. Per essere ancora più chiaro, tutti
i farmaci sono, in grado differente, notoriamente tossici e, per
questo, la loro somministrazione deve essere effettuata solo quando
la necessità sia reale. Troppo spesso sia i medici sia i pazienti
dimenticano che ogni essere vivente possiede una proprietà chiamata
omeostasi grazie alla quale questo tende a riportarsi naturalmente in
stato di benessere, con ciò dando tanti punti a moltissimi
medicinali. Si tenga sempre presente il fatto, poi, che l’Uomo, il
più complesso tra tutti gli esseri viventi, ha un grado di
complessità talmente elevato da essere il meno pronosticabile tra
tutti gli animali quanto a reazioni nei confronti di ciò che gli
s’introduce nell’organismo. Da qui le allergie, le
sensibilizzazioni, gli effetti paradossi e tutto ciò che esce
apparentemente dai binari e che ogni medico non può non avere
sperimentato nella sua carriera. Se, poi, s’introducono nella
chimica complicatissima e in gran parte sconosciuta dell’organismo
contemporaneamente più sostanze, ecco che gli effetti delle
interazioni diventano un vero terno al lotto. Insomma, un po’ di
prudenza e il sostituire con scienza e buon senso un più o meno
cosciente “io speriamo che me la cavo” ai protocolli “universali”
che trascurano le evidenti differenze tra soggetto e soggetto non
guasterebbe.
Consultando la letteratura
“scientifica” (e le virgolette sono tristemente d’obbligo) che
corre intorno ai vaccini, si deve per forza notare come
nella quasi
totalità dei casi le “ricerche” (virgolette) siano pagate in
modo più o meno aperto dai produttori. Di fatto un conflitto
d’interessi che invalida alla radice tutto quanto quella
letteratura sostiene o, per lo meno, ne pone in forte dubbio la
sostenibilità. Per di più risulta curioso che non esistano rapporti
credibili non solo sull’efficacia nel tempo (quel tempo che non
viene concesso) ma anche sugli effetti collaterali che i vaccini,
alla stregua di qualunque farmaco, non possono non avere. Alla base
del problema sta il fatto che gli enti di ricerca indipendenti sono
ormai al lumicino, e chi vuole sopravvivere si prostituisce generando
pubblicazioni su dati falsi e abbondantemente censurati.
Questo dato
di fatto accomuna i vaccini a un’infinità di altri argomenti non
solo d’interesse sanitario e il risultato è che oggi, quando la
scienza dovrebbe aver raggiunto altezze mai toccate prima, siamo
riprecipitati in una sorta di Medio Evo che si regge sulla credulità
popolare. Malauguratamente, la soverchiante maggioranza degli
operatori sanitari è immersa pienamente in questa situazione di
acriticità e d’ignoranza, e di questo pagheremo sempre di più lo
scotto.
A questo punto non posso non ricordare
come nel laboratorio che dirigo (inserito dalla CE tra le cento
proposte di punta dell’intera Comunità) siano stati analizzati 24
vaccini con la tecnica che abbiamo messo a punto negli anni e che è
validata da due progetti di ricerca europei. Di quei 24 vaccini,
tutti diversi tra loro, 24 sono risultati inquinati da micro e
nanoparticelle solide, inorganiche, non biodegradabili e non
biocompatibili: il 100%. Ebbene, questo dato che rappresenta
potenzialmente un’arma formidabile per tutti i gruppi che, in
qualche modo, si oppongono alla pratica vaccinale o tout court o per
le modalità, quasi sempre addirittura fuori legge, con cui la
pratica viene svolta, è del tutto trascurato.
Spero mi si perdoni se avanzo, allora,
qualche dubbio a proposito della volontà effettiva di quei gruppi di
far valere le proprie ragioni. Non è a chiacchiere, a bisticci, ad
insulti, a ridicolizzazioni che si può chiarire una situazione
oggettivamente traboccante di elementi che non possono non destare
sospetto e preoccupazione. Se si vuole in qualche modo fermare o
almeno regolamentare scientificamente il business dei vaccini
razionalizzandolo, bisogna usare argomenti inoppugnabili. Altrimenti,
da popolo bue come siamo, temo a ragione, trattati, si resterà sempre
un boccone prelibato per chi dispone di un argomento convincente come
il fiume di denaro che sgorga da Big Pharma e che, raggiungendo tutte
le mete ”giuste”, alimenta una cultura medica, salvo eccezioni,
priva di scientificità, una credulità popolare e un’accoglienza
politica indispensabili perché i bilanci societari continuino a dare
soddisfazione.
Sia chiaro: io chiedo solo di vederci
chiaro e, a tutt’oggi, di chiarezza non ce n’è affatto. Basta
vedere il comportamento dell’Istituto superiore di sanità, l’ente
pubblico di cui siamo costretti a fidarci se non altro perché lo
paghiamo, per rendersi conto della situazione in cui siamo.
Non ci sono molte parole per definire
questo fatto, la domanda più ovvia è: per quale motivo nessuno
denuncia il Dott. Stefano Montanari? Se queste informazioni non sono
vere qualcuno dovrebbe prendere provvedimenti non credete?
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Movimentorevolution